Come cambiano le cose in sei anni: da semplice immagine a brand reputation
Era il 2010,
riporto per esteso il testo di un'intervista che mi fece una blogger bravissima.
Il progetto a mio avviso è ancora valido, fresco, ve lo ripropongo.
Dopo cinque anni e mezzo cosa cambierei?
Assolutamente nulla.
Cosa è cambiato in quasi sei anni?
Nella vita privata molto, ma non siamo qui per questo, professionalmente anche qui molto.
Proprio per questo evidenzio l’idea di fondo di questo progetto è ancora validissima e tutta ancora da sfruttare e declinare con le adeguate modifiche negli ambiti più svariati.
Si intitolava:
"Come ti porto al successo un marchio"
Cioè: come prendere dal nulla un neonato marchio di calzature donna, lanciarlo, e in appena sei mesi farlo diventare un cult della Capitale, presente sui più importanti quotidiani, settimanali, siti web, spazi TV nazionali, ai piedi delle più importanti donne dello spettacolo e dell'opinione, tutto Low Cost.
Abbiamo chiesto a Domenico Gioia* di spiegare quello che sta accadendo e di delinearci meglio il progetto.
D- Cos'è il progetto Torresi?
R- Il progetto Giordano Torresi, è una operazione di marketing non convenzionale assai complessa, non percepibile ad un occhio poco attento o poco esperto.
Mette in gioco una serie di forze che sono tutte indirizzate verso il raggiungimento dell'obiettivo.
D- Qual'è l'obiettivo?
R- Molti potrebbero credere che il nostro obiettivo sia quello di vendere scarpe, se partiamo da questo assunto vi anticipo che il fallimento sarebbe assicurato. Pensate che possano esistere spazi per un nuovo marchio che intenda aggredire la fascia in cui sono posizionati stabilmente da anni marchi prestigiosissimi che rispondono ai nomi di Prada, Cavalli, Christian Louboutin, Azzedine Alaïa, ecc.?
Occorre evidenziare e proporre altri elementi, che abbiano carattere innovativo altrimenti è la fine.
R- Il progetto non si basa solo sull'entità del budget, non è vero che più soldi si investono e più è assicurato il successo. Non è assolutamente una regola.
Il mercato risponde in modo molto strano, specialmente a determinati livelli. Ci sono esempi di fallimenti di progetti aziendali super dotati finanziariamente.
Sono le idee che fanno la differenza e conseguentemente il successo.
Ovvio che a fronte della mia affermazione, non è neanche vero l'opposto: una buona idea con zero soldi non va da nessuna parte neanche quella.
D- Allora dov'è il trucco?
R- Non c'è un trucco, c'è il metodo.
Innanzi tutto bisogna porsi la domanda:"chi sono e dove voglio andare".
Vecchia? Forse, ma guardando quello che accade in giro, mi sa che sono in pochi a chiederselo.
Non esistono guru, esistono gli stacanovisti del marketing, che come i ricercatori, provano e riprovano sino alla nausea la realizzazione di un modello. Un modello che permetta la comprensione del progetto da parte dei consumatori, la diffusione del marchio, la fidelizzazione dei clienti.
Quello che si sente in giro, sono solo favole. Il successo si raggiunge solo con la fatica, con il lavoro duro, il sacrificio e ovviamente il talento.
Non esistono scorciatoie.
Le leggende metropolitane dove stilisti sconosciuti si affermano solo grazie a una campagna pubblicitaria è una storia che raccontano i creativi o pseudo tali, per piazzare le loro campagne del costo di centinaia di migliaia di euro, che onestamente dopo sei mesi nessuno ricorda più.
I tempi sono cambiati, il consumatore vuole sentirsi raccontare delle storie basate su fatti, non favole.
I particolari studiati sotto ogni aspetto |
Lei ricorda più una campagna andata in onda un anno fa? Ricorda, ad esempio, la campagna Tim o Vodafon dello scorso anno? Nessuno le ricorda più, il ricordo è legato alle emozioni.
Se lei ha comprato però, un paio di scarpe che le hanno creato problemi si ricorda anche a distanza di anni.
Addirittura può arrivare, col passare del tempo a scordare il problema, ma non la percezione negativa verso quel marchio.
Siamo costantemente bombardati da campagne, immagini, promozioni sconti. I pubblicitari presi dal meccanismo hanno dimenticato le motivazioni che ci spingono all'acquisto. Noi semplici spettatori, possiamo dimenticare una pubblicità, ma non dimentichiamo le cose che ci emozionano, che ci fanno star bene, o male.
Il consumatore oggi vuole sentirsi realmente al centro dell'attenzione, non si riconosce in modelli, vuole essere l'interprete della sua storia.
Questa è la nuova frontiera, la nuova sfida per noi che facciamo questo lavoro. Il marchio deve emanare piacere, ma non per mezzo di uno spot, ma per contatto diretto.
Ha mai visto i grafici auditel degli ascolti dei programmi tv? Ci sono periodicamente dei punti nel grafico con dei picchi verso il basso. Sono i momenti in cui va in onda la pubblicità. La gente cambia canale, si e' stancata, si sente usata, violentata.
Oggi, è l'emozione provata direttamente che funziona, che fa veramente la differenza.
Siamo disponibili, interessati a raccontarla; una, cento, mille volte, sentiamo quel prodotto nostro, ne diffondiamo il senso, vogliamo che gli altri condividano le nostre emozioni.
La suggestione dell'interno |
D- Ma come si concretizza il tutto, non vorrei fossero solo parole, buoni propositi, ma allo stato dei fatti...
R- Ha ragione, c'è un detto che dice che di buone intenzioni è lastricata la via dell'inferno...
Io non propongo ai miei clienti buone intenzioni, propongo un metodo, duro, rigido.
Non è assolutamente vero che la creatività permetta qualsiasi cosa. La vera creatività risponde ad un severo percorso mentale, deriva da una applicazione metodica, da disciplina, da allenamento, non da improvvisazione.
Io vengo oltre che dal marketing operativo e strategico dal mondo dell'arte e le confesso che di improvvisatori in quel mondo tra quelli di talento ce ne sono ben pochi. Tutti studiano una, mille volte il loro progetto sino alla realizzazione.
Qui si confonde l'intuizione con la creatività, sono due cose diverse.
Tutti possono avere un'intuizione, magari anche geniale, ma poi bisogna confrontarsi con la realtà.
I mercati agiscono e reagiscono in maniera rigida, e tendono per loro struttura, a rifiutare elementi esterni, che potrebbero destabilizzare il sistema, è un meccanismo di autodifesa. Chi ha raggiunto l'apice vuole restarci, non accetta di mettersi in discussione e quindi brucia il terreno intorno a se.
Ecco perchè è difficilissimo lanciare un nuovo marchio, specialmente se non si dispone di molto denaro.
D- Ma ha appena detto che le somme sono ininfluenti...
R- Si, è vero, mi spiego meglio, ammettiamo che io disponga di una notevole quantità di denaro per far decollare il mio progetto, per prima cosa avvierei dei percorsi, dove simulo gli scenari e le relative soluzioni, sino a convincere il consumatore che il mio marchio è il migliore, e risponde alle sue esigenze.
Se i soldi non li ho devo attendere che il progetto, sempre se ben impostato, sia assimilato dal mercato in maniera naturale, ci vuole molto più tempo.
Insomma il denaro funziona coma i catalizzatori in chimica. Accelerano il processo di acquisizione, da parte del consumatore, dei processi che poi portano all'acquisto.
Ma attenzione, non è sicuro che questo possa portare al successo. Gliel'ho detto prima, oggi sono più i casi opposti, dove grandi cifre investite in progetti, hanno portato ad altrettanto grandi fiaschi.
Lo sa veramente cosa ci vuole? Ci vuole pazienza. La gente, le aziende non hanno più pazienza, vogliono tutto e subito.
Onestamente sono due elementi inconciliabili.
D- Lei cosa preferisce?
R- Preferisco un piano di marketing corretto, dove sia rispettato il consumatore, dove l'azienda sia in grado di dare dei reali vantaggi, percepibili, tangibili.
Addirittura in questo caso, visto l'approccio diretto azienda-cliente, possiamo far risparmiare il cliente, su un prodotto di altissima qualità, dal 20 al 30% rispetto a prodotti concorrenti.
Questo non perché risparmiamo sulle materie prime, sul design, o su altro, ma perché possiamo realizzare interessantissimi progetti d'allestimento ad esempio in materiale riciclato, in cartotecnica, bassi i costi di allestimento, bassi i costi di trasporto. Non abbiamo poi enormi costi pubblicitari.
Ad esempio il nostro designer Tania Bini, ha ideato un allestimento che non richiede maestranze specializzate per la messa in opera. Una specie di negozio in scatola di montaggio.
Chi apre un corner con noi sa che ha un investimento iniziale modesto con una qualità di prodotto elevatissima.
Perchè spendere centinaia di migliaia di euro per l'allestimento di un negozio, se poi tra quattro anni devo gettare tutto perchè obsoleto. Chi paga questi costi? Sicuramente tutti noi che consumiamo il prodotto.
Ecco cosa deve capire il consumatore, che esistono marchi "non convenzionali" che fanno realmente i loro interessi.
Il resto del mercato e' alterato, rincorre se stesso.
Prima o poi tutto questo finirà. Penso che già siamo al poi, tutto quello che vediamo sono solo immagini del passato, il presente e' altra cosa. Il presente e' evitare gli sprechi, gettare i soldi inutilmente, cercare imballaggi inutili, il lusso dove non serve, occorre sostanza.
Stia attento pero', con quello che ho detto, non le propongo in alternativa un progetto nel quale il cliente deve entrare in un ambiente brutto squallido, tutt'altro.
Le propongo di entrare in un ambiente accogliente, caldo. E' qui che entra in gioco il gusto, il buon senso. La persona che decide di collaborare con noi, sposa il progetto, non sceglie un allestimento pesante, inutile, sceglie un allestimento moderno, fortemente connotato, ma che già sa che potrà cambiare, modificare, con costi bassissimi.
Non voglio minimamente addentrarmi nell'argomento ecologia, ma sa quanto si risparmia sotto il profilo dello smaltimento? Quanto si riduce l'impatto ambientale?
Questi non sono costi?
Be' noi così non li abbiamo abbattuti, li abbiamo eliminati e già questo mi sembra un buon punto di partenza, e ricordo, questo va solo a vantaggio del consumatore.
Circa venti anni fa a Milano incontrai uno dei promotori del progetto europeo Brite Euram, che mi disse che il futuro era, non nella capacità di immettere prodotti sul mercato, ma nella capacità di prevedere il loro ritorno, la loro trasformazione. Mi ricordo diceva spesso, “questo è il challenge”, questa è la sfida.
Io e il mio gruppo di lavoro, abbiamo impiegato un sacco di tempo, ma ci siamo riusciti.
Prevedere un supporto alla vendita importantissimo come l'allestimento del punto vendita che possa far risparmiare, perché realizzato con materiali economici, che contestualmente non ha impatto nello smaltimento, perché completamente riciclabile, ma sia al contempo bello, coinvolgente e sopratutto identificabile con il brand, direi che e' un buon punto di partenza.
Un particolare colpito dall'occhio di Fiammetta Bruni |
D- Geniale?
R- Direi più pratico.
Ma non finisce qui, mi permette di parlarne, è una storia nella storia, mi fa da punto di rottura. Come saprà, nel marketing, come in natura, per sviluppare qualcosa occorre ci sia un punto di rottura, un elemento esterno al sistema, se così vogliamo chiamarlo.
Lei ha visto mai come si formano i cristalli?
Esiste un punto, in cui un elemento estraneo al contesto, permette ai cristalli di formarsi. Ecco noi abbiamo creato un punto su cui il passaparola possa svilupparsi e prendere vigore.
D- E in tutto questo che c'entra il made in Italy?
D- E in tutto questo che c'entra il made in Italy?
R- C'entra e come; a prescindere che il design con cui è stato realizzato il progetto di allestimento lascia respirare l'italianità, e qui ancora una volta il designer ha centrato l'obiettivo. Creare un ambiente unico. Lei lo sa che a Roma, forse direi anche in Italia non esiste sino ad oggi un negozio così?
Lei lo sa che in meno di tre mesi il negozio è stato visitato da oltre 3.500 persone?
Lei sa che abbiamo ricevuto la visita di una turista americana che aveva sentito parlare del nostro negozio a New York? Posso farle nome e cognome.
Un caso?
Forse si, ma forse più risultati di un metodo.
E' un po' che parliamo, ma non abbiamo neanche parlato dei prodotti in vendita.
Vede? Abbiamo fatto come quel venditore che parlava con il cliente di tutto, di sport, della famiglia, di cultura, meno che del suo prodotto, poi alla fine diceva:
-"ah i prodotti"e vendeva.
Come se fosse una cosa marginale, ma sapeva che la vendita era ormai assicurata.
Al cliente, alla gente in generale, bisogna sempre raccontare una storia.
La nostra storia? Giordano Torresi, è un grande, il suo punto di forza e' la modestia, sempre pronto ad ascoltare, lavora venti ore al giorno, è bravissimo, è animato da una grandissima passione, è pronto sempre a mettersi in discussione quotidianamente. Produce, disegna di continuo.
Per ogni scarpa esistono solo sei pezzi, uno per numero dal 35 al 41. Chi compra una sua scarpa sa che al mondo di quel numero esiste solo la sua.
Ogni venti giorni arrivano nuove cose. Non esistono collezioni e non esistono saldi.
Niente saldi?
Assolutamente niente saldi. Una scarpa per numero, un prodotto ultra esclusivo, poi arrivano i saldi? Assolutamente scorretto nei confronti di chi ha comprato a prezzo pieno.
No, i saldi e le promozioni, non sono le nostre leve di marketing, le lasciamo agli altri, a chi non ha idee. Come le ho detto, con il nostro progetto riusciamo a far risparmiare dal 20 al 30 % le clienti, quindi...
D- Ma mi dica, la musica classica come sottofondo è un caso o una scelta?
R- Qui per caso non c'è nulla, la scelta della musica è ponderatissima, si tratta di autori di musica classica, tassativamente italiani.
L'esterno |
"Il bello vuole solo il bello", e poi siamo in Via delle Quattro Fontane 30, a due passi dal Teatro dell'Opera.
Come le dicevo di casuale non c'è niente, il sipario fuori richiama la teatralità, il colore rosso delle pareti è italianissimo, era presente nelle ville di Pompei, la magia appartiene ad un ambiente favoleggiante, sospeso, tutto qui parla della nostra cultura, dell'arte italiana e mi creda è questo quello che vogliono gli stranieri, ma anche gli italiani, vogliono riconoscersi in qualcosa che gli appartiene, si chiama identità.
E poi un po' di scenografia non guasta, qui quando è estate le scarpe danzano con il vento e mi creda, è un effetto di grande suggestione, le persone che passano restano incantate e tutto questo attira l'attenzione sulle calzature.
Inoltre, dietro quelle tende in fondo c'è una saletta voluta fortemente da Giordano e a ragione, dove le clienti possono provare con tranquillità le scarpe, per noi la privacy è importantissima. Provano le calzature in un ambiente esclusivo, dove c'è la possibilità di ammirare opere di artisti italiani.
Qui ogni tre mesi si danno il cambio, fotografi, pittori, performer. L'arte convive con le opere di Torresi, e attenzione gli artisti sono bravissimi. Qui vogliamo solo il meglio.
Vede com'è articolata la cosa? E' un sistema complesso in equilibrio, dove le scarpe paradossalmente sono solo un elemento.
E' questo il segreto, oggi occorre parlare di più cose, la nostra cliente non ha bisogno semplicemente di scarpe ha bisogno di sognare, di essere "unica", di essere coccolata, di trovarsi in un ambiente esclusivo, ha bisogno, per dirla con una parola , di cultura, oltre ovviamente trovare prodotti esclusivi e di altissima qualità come quelli che siamo in grado di produrre.
Una creazione di Giordano Torresi |
D- Quali sono i vostri obiettivi?
R- Può sembrare assurdo onestamente non ci interessano le vendite di alcune paia di scarpe; ovvero, voglio essere ancora più preciso, il mio sogno è quello di essere in grado di aprire corner Torresi in almeno cinque città in Italia e europa, per questo anno (era il 2011).
Bisogna fare un salto di qualità, sarebbe pazzesco pensare che tutto questo sforzo sia legato a sostenere esclusivamente il punto vendita di Roma.
Roma deve essere considerato un punto vendita pilota, in cui le persone che sono interessate al nostro progetto possano vederne la concretizzazione, toccarne con mano i contenuti.
Il vero obiettivo aziendale deve essere quello della diffusione del marchio in importanti città con la conseguente vendita dei prodotti.
Così, secondo me, si afferma un marchio, senza dilapidare patrimoni, ma bisogna prestare la massima attenzione affinché si rimanga sempre concentrati su quella che è la missione aziendale, ogni distrazione può costare carissima in termini di ricezione del brand.
Basta pochissimo per confondere il consumatore, tutto deve essere coordinato; si ricorda le olimpiadi a Pechino? Tutta la spettacolare scenografia dell'inaugurazione era frutto di sacrificio, concentrazione e ripetizione all'infinito di ogni singolo gesto, che va a coordinarsi con quello degli altri interpreti.
Questa è la filosofia giusta, Torresi ha una sua linea, un filrouge da cui discostarsi costerebbe carissimo, immagina lei un nostro punto vendita con ragazzette con il chewingum in bocca e la musica house?
Non ho niente ne contro la gomma americana né tantomeno contro la musica house, ma sono due mondi da cui siamo lontani culturalmente è una questione di scelte, vuole che sia più diretto? E' una questione di sensibilità e di persone veramente sensibili ne sono rimaste poche.
Molti in questo mondo, mi riferisco a quello della moda, benché si dica, non ce l'hanno, navigano a vista, convinti che investendo milioni di euro possano permettersi di fare qualsiasi cosa. Non e' più così e forse non lo e' stato mai. Il mercato vuole idee, vere idee.
Per concretizzare idee come le nostre ci vuole tempo, pazienza, costanza, rigore.
Molte aziende si perdono per strada e falliscono nel loro intento perché vogliono tutto e subito, ma non e' così, non esistono scorciatoie, mi creda.
Il Brand |
D- Un'ultima domanda chi è la cliente tipo per la Sua azienda?
R- La nostra cliente è una donna di successo, convinta di se, può essere casalinga, o professionista, non importa, quello che importa è che la nostra cliente è una donna di classe, che ha scelto di fare dell'eleganza uno dei suoi segni identificativi. E' una donna sicura di sé che sa riconoscere la qualità al di la dei marchi, poi le devo confessare che in questi pochi mesi siamo ai piedi delle più importanti donne dello spettacolo, dia un'occhiata alla stampa di settore per rendersene conto.
Un'ultima cosa, i social network saranno molto presto una vetrina in cui saranno presenti eventi, proposte, ma sopratutto daranno la possibilità di scegliere modelli on line. Siamo in grado di consegnare in tutto il mondo. Abbiamo progettato anche uno spazio blog, dove ci sono tutte le notizie e chi vuole potrà interagire con noi, insomma non abbiamo tralasciato niente.
Effettivamente un progetto pensato ed attuato nei minimi particolari, che non fanno pensare al solito negozio di scarpe, ma ad un mondo a cui è impossibile resistere.
D- A proposito, per chiudere, chi era quel venditore che parlava di tutto, meno che del prodotto che voleva vendere, e' esistito veramente, potrebbe dirmi il nome?
R- Ma, ancora non l'ha capito?
Sono io.
Ho fatto la mia gavetta, mi creda, nessuno regala mai niente.
Vietata la riproduzione del testo senza autorizzazione.
Domenico Gioia |
*Domenico Gioia oltre ad essere stato il Project manager del progetto Torresi nel 2010-2011, cura attualmente come consulente, la Brand reputation di importanti marchi e di professionisti.
E' inoltre curatore e promoter d'arte; tra le sue principali iniziative alcune operazioni culturali organizzate con importanti enti ed istituzioni sotto L'Alto Patronato del Presidente della Repubblica e del Ministero dei beni Culturali.
In questi ultimi anni si è ulteriormente specializzato nelle pubbliche relazioni internazionali per Istituzioni ed importanti gruppi multinazionali.
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