L'impatto civico di un brand
L'impatto civico di un brand...
Più volte ho tentato di "lanciare il sasso" nello stagno dei "guru della comunicazione", dove si cerca di far passare il messaggio in cui oggi la comunicazione dei grandi brand deve passare attraverso l'impegno civico.
A parte che come al solito si vuole "chiudere la stalla quando i buoi sono scappati", ma queste operazioni, hanno molto poco di creativo ed hanno invece odore di volersi lavare la coscienza, da parte di chi sino ad oggi grande rispetto per l'impegno civico non l'ha poi avuto.
Non bisogna fare poi grandi corsi, basterebbe invece guardarsi intorno e rendersi conto che la "micro impresa" questo aspetto lo cura da sempre, ce l'ha nel suo DNA.
Bisognerebbe comprendere che per una microimpresa, è impensabile, inconcepibile, pensare alla realizzazione del prodotto sganciato dall'ambiente su cui insiste, dalla cura del rapporto umano, con il fornitore, con il cliente. E' inconcepibile produrre senza avere standard qualitativi elevati.
Tutto questo, accade, perché al primo posto, questi micro imprenditori, mettono al primo posto la qualità, il rapporto umano e non il lucro, il guadagno.
E' questa la grande differenza che renderà questi prodotti vincenti a discapito delle mega imprese.
Il cambiamento è già iniziato e non basterà tentare di enfatizzare gli esempi fortemente virtuosi che si chiamano: Gianna, Mario, Antonio, solo perché lo dice la pubblicità, ma perché a differenza della finzione dello spot, Mario, Gianna e Antonio esistono veramente e sacrificano ogni giorno con passione il loro tempo per dare un prodotto esclusivo che è figlio dell'ambiente che li circonda e questo i clienti lo sanno.
E' questa la grande differenza e non basterà uno spot o dedicare lo 0,01% del bilancio a far credere che le cose siano cambiate.
Le cose per le micro imprese sono state sempre così, perché è l'amore a far andare avanti le proprie piccole ditte e non la ricerca dell'utile a tutti i costi.
Si pensasse a lavorare con maggiore coscienza, dare priorità all'amore per le cose che si fanno e non l'utile per l'utile.
Il consumismo come lo abbiamo conosciuto, inizia a segnare il passo e dovrà sempre di più fare i conti con la qualità e la passione, tutte cose che l'utile aziendale non è riuscito a sostituire.
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