Olivetti: Programma 101, quando la visione supera il tempo
Olivetti: quando noi italiani contavamo qualcosa, Olivetti Programma 101
Martedì scorso, 18 Settembre, ho scritto un post sulla qualità che porta al successo, nello specifico la storia della Apple come esempio di come i sogni possono portaregrandi utili.
Oggi vorrei vi concentraste su questo filmato e sul testo, perchè parlano di un meravigliosa sogno, questa volta italiano che ha totalmente precorso i tempi, peccato che queste persone fossero in Italia
Era il lontano 1965... la vera invenzione del PC
PROGRAMMA 101 – Memory of the Future
di Alessandro Bernard and Paolo Ceretto.
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Durante la più importante fiera tecnologica mondiale dell’epoca, a
New York, l’azienda Italiana Olivetti espone in bella vista i suoi nuovi
modelli di calcolatrici meccaniche mentre relega in un angolo
seminascosto un nuovo prodotto tanto avvenieristico quanto
sottovalutato: la Programma 101, il primo personal computer della
storia. Sarà un successo clamoroso. Lo stand è preso d’assalto. Curiosi e
addetti ai lavori formano file interminabili e obbligano gli
organizzatori a disporre un apposito servizio d’ordine per regolare le
entrate.
Questo evento è il culmine dell’incredibile storia dell’invenzione
del primo Personal Computer, un piccolo calcolatore progettato e
costruito in semiclandestinità da alcuni pionieri della ricerca in campo
informatico.
La storia comincia nel 1963 quando Piergiorgio Perotto, Giovanni
Desandre e Gastone Garziera, tre progettisti dell’ Olivetti, cominciano a
maturare un sogno che sfida e sovverte le regole del progresso
tecnologico del loro tempo. Isolati in uno stanzino dai vetri oscurati e
completamente dimenticati dal resto dell’azienda impegnata a costruire
calcolatrici meccaniche, cominciano indisturbati a progettare il loro
calcolatore.
“ Lavorare a un computer personale in quegli anni era impensabile –
ci spiega De Sandre – la gente non ci capiva, eravamo visti come alieni e
i vertici della nostra azienda erano totalmente disinteressati alla
nostra attività”.
Nei primi anni 60, parlare di informatica voleva dire parlare di
enormi calcolatori che per la maggior parte della società mondiale erano
pura fantascienza. Nel 1963 l’ultimo ritrovato in campo informatico era
DEC PDP-1 un computer tecnologicamente avanzatissimo, ma che occupava
un intera parete, costava 100.000 dollari ed era utilizzato solamente in
pochissimi laboratori specializzati. Un gruppo di giovani studenti del
MIT Massachussetts Institute of Technology, per poterlo utilizzare
devono forzare di nascosto le porte dell’unico laboratorio dello stato
che ne possiede uno, (in questa occasione per la prima volta verrà
coniato il termine hackers), mentre a Londra, in un inchiesta televisiva
del 1964, sentiamo i passanti parlare del computer come di un oggetto
minaccioso, “ ho paura “, dice uno di loro, “ il mondo dei computer
sostituirà l’umanità ”.
E mentre il mondo sogna e teme l’oggetto del futuro, in quel piccolo
laboratorio dai vetri oscurati, vediamo la P101 materialmente
ricostruirsi di fronte ai nostri occhi. Garziera e De Sandre, dai vecchi
laboratori Olivetti, ci raccontano il percorso che ha portato a
costruire il primo computer pensato per tutti; “In quegli anni non
andavi al supermercato a comprare tecnologie elettronica, bisognava
inventarsi tutto”. I due progettisti ci raccontano come idearono una
piccola memoria con un filo di ferro, una cartolina magnetica portatile
antenata del floppy disk, l’ingresso e l’uscita dei dati, il sistema
operativo e i programmi. Come, passo dopo passo, riuscirono a costruire
un piccolo computer che non fosse un prototipo per pochi, ma un prodotto
pensato per una produzione su vasta scala e facile da usare.
Nel giro di un paio d’anni l’idea prende forma e nel 1965 la P101 è
pronta. Viene presentata ai vertici dell’azienda che non capiscono la
portata innovativa del prodotto e lo accolgono con disinteresse: “se le
grandi americane, L’IBM e i sette nani – come venivano chiamate ai tempi
– non hanno costruito niente di simile, vuol dire che è un prodotto
senza futuro”, sarà la fredda considerazione dell’amministratore
delegato. Ma dopo un breve periodo di indecisione, all’ultimo decidono
di portarla comunque alla fiera di New York dove, contro tutte le
aspettative, verrà consacrata dai giornali con quella frase che qualche
anno dopo avrebbe fatto il successo di un tale Bill Gates: “A personal
computer in every desktop”
E la P101 sfonda, prima a New York, poi nel resto del mondo. Appaiono
le prime immagini del lento approccio della società con il mondo dei
computer. Dagli archivi Olivetti, vediamo la P101 entrare nelle scuole
italiane, bambini che si avvicinano e giocano con un prodotto che è il
seme del loro futuro, prendono dimistichezza, si informano, effettuano
calcoli e sfidano il piccolo computer ai dadi. “Non pensavamo che un
computer potesse essere così piccolo e facile da usare”, ci dice uno di
loro. Dall’altra parte dell’oceano intanto, negli spot pubblicitari
delle tv americane, vediamo il primo personal entrare nelle case, negli
uffici, e addirittura nel bagagliaio di una Cadilac. All’ombra della
Tour Eiffel un tassista ci dice che utilizzare la 101 “est très facile”.
Per la prima volta il computer non è più un oggetto minaccioso e inaccessibile.
Ma i colossi americani non restarono di certo a guardare. IL 10
giugno 1967 La Hewlett Packard versa 900.000 dollari all’Olivetti,
implicitamente riconoscendo di aver violato il brevetto della Programma
101 con il suo modello HP 9100. “A me e Perotto – ci spiega De Sandre –
venne versato un dollaro simbolico, come inventori del primo personal
computer” Il resto della storia, la conosciamo già tutti…
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